Io me la ricordo bene, quella serata del 1991 in cui stavamo tutti attaccati alla televisione ad assistere allo scoppio della prima guerra in diretta tivù. Stavo sul divano di casa mia a Milano, appiccicata allo schermo televisivo con mia madre, in un misto di fascino per l'assoluta novità e di inquietudine per la visione in diretta di una tragedia.
L'autore di questa assoluta novità mediatica in Italia era Emilio Fede, grazie anche a un'inviata - la "cazzutissima" Silvia Kramar, che vinse poi un premio giornalistico per i suoi reportage - che diventò una specie di star, malgrado (o forse grazie a) la sua erre tremendamente arrotata. Sembrava un gioco: si assisteva al bombardamento contro il cattivone, tanto poi in una settimanetta sarebbe stato tutto sistemato. Fede già pregustava la vittoria su tutti gli altri media, allora più rigidi e parrucconi su questi argomenti, che in quella settimana lì l'avrebbe reso leader di un tg prima sfigato.
Sappiamo tutti, poi, come è andata veramente. Come va ancora ora.
Per questo la diretta web e televisiva dello show militare sulla Libia, con tutta l'antipatia che ho per Gheddafi (Anche da molto prima dei bungabunga in tenda) non mi piace e mi inquieta.
Non abbiamo imparato niente, nemmeno noi che stiamo davanti agli schermi come una volta stavamo davanti alla tivù. Vediamo un reality, ci indigniamo come se fossimo davanti a uno dei tradimenti del GF, mettiamo un messaggio di stato su FB ed è finita lì. Intanto un paese si ribalta, tutta un'area dagli equilibri tenuti su con lo sputo si sconvolge e noi ci prepariamo il nostro pessimo futuro.
No, non mi piace, e se permettete spengo tutto. O meglio, vado a ripassare un po' di storia del Mediterraneo, perchè temo che - rintronati dal fascino oscuro delle riprese delle bombe - mi sono e ci siamo persi qualcosa di quel che succede, da trent'anni, in quella zona così vicina a noi e che continuiamo a rifiutarci di capire.
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