sabato 11 giugno 2011

Sono una tipa vecchio stampo (un post sui referendum)

Considero il voto come un prezioso diritto per la democrazia, un diritto così prezioso da essere considerato un dovere, un impegno. Una volta - e io ero già votante - questo diritto/dovere era addirittura sanzionato: dop tre assenze ingiustificate, si perdevano i diritti civili.
Sarà in quegli anni che ho imparato a votare sempre, anche quando - come nei referendum degli ultimi tempi, che ti costringono a studiare per decidere - è faticoso prendere una decisione propria, o bisogna sforzarsi per trovare qualcuno di papabile da votare.
Il primo ricordo dei referendum poi è il ricordo di un voto mancato, quello per il referendum sull'aborto: c'era un gran dibattito a scuola (che frequentavo a Milano, liceo classico Cesare Beccaria: Preside quel matto dello zio di Sgarbi, Cavallini; professore preferito da tutto l'istituto Roberto Vecchioni) e mi ero fatta un sacco di idee e le discutevo con quelli della maturità e mi sarebbe tanto piaciuto dire la mia, mettendo una croce su quella scheda: ma avevo 17 anni, e non era ancora tempo. Sarà stato anche quell'episodio a rendere costante quel desiderio di votare. O forse è stato importante lo studio di un libro per me illuminante, nel mare magnum dei manuali pallosi di giurisprudenza: "La Democrazia" di Hans Kelsen, che tra tanti meravigliosi sofismi alla ricerca dell'equilibrio tra rappresentanza e governabilità, mi aveva insegnato che il mio voto, il voto di ciascuno, l'opinione di ciascuno, conta e deve contare in una democrazia, sennò democrazia non è, e non è nemmeno libertà. Insomma, per me il voto è il dovere civico di base per ogni cittadino, quello che senza di esso il cittadino manco c'è.

Ma un giorno - esattamente vent'anni fa - venne un signore (che non è nemmeno quello che lo dice ora...) che dallo scranno della Presidenza del Consiglio disse: «Andate al mare».
A lui andò malissimo: andò a votare oltre il 60% degli aventi diritto, vanificando i suoi sforzi per far mancare il quorum. Ma da allora quella infame frase inquinò tutte le votazioni seguenti, di ogni genere, che videro tendenzialmente la perdita continua di elettori, cioè di cittadini consapevoli.
A me non piace per niente come è andata a finire, indipendentemente da come gli andò allora e come spero accada a tutti quelli che pronunciano quella frase da un ruolo istituzionale, bestemmiando il loro stesso ruolo. Quindi, domattina andrò a votare: non perchè sfido qualcuno, ma perchè è una cosa normale. Non assicuro che metterò quattro sì, perchè ho dei dubbi che mi trascino da giorni, malgrado - o forse proprio perchè - me ne sono occupata per tutta la settimana: ma mi farà piacere dire come la penso ai miei organi istituzionali, come sempre.



(poi non ne faranno un bel niente, come insegna il meravigliosamente terrificante "appello al voto" di Corrado Guzzanti - che potete vedere qua sopra, dedicato alle "persone stravaganti" che vanno a votare - ma a me va bene così. Nel caso vanifichino la nostra decisione di elettori, non sono io quella che sbaglia. E sono io, insieme alle decine di milioni di italiani elettori come me, la democrazia in Italia, secondo il suo vero significato)

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